La presenza dei PFAS (acronimo inglese per «sostanze perfluoroalchiliche»: essenzialmente una vasta famiglia di tensioattivi a uso industriale) nelle acque pubbliche destinate al consumo umano è monitorata da tempo e in maniera capillare. Eppure, in Italia come in molti altri Stati dell’U.E., la preoccupazione per possibili contaminazioni si sta diffondendo in modo importante. Ad alimentarla non è semplice allarmismo: studi credibili (su tutti quello di Greenpeace) hanno suggerito un’eccessiva tolleranza dei limiti di legge, richiedendone una revisione. La questione è complessa. E richiede competenze diversificate: scientifiche, amministrative, e anche di comunicazione pubblica.