venerdì
30/08

Sulla gratitudine, ovvero la gioia della cura

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Viviamo in un tempo neoliberista, sottoposto alla logica del mercato, secondo la quale a orientare l’agire è il calcolo dei vantaggi che si possono ottenere. Nella Retorica Aristotele dice che la logica del calcolo è opposta alla logica dell’etica. Di etica abbiamo un’assoluta necessità, ma quando a dominare è la logica del mercato l’etica si indebolisce. La logica che è alla radice della vita è però un’altra, è la logica della cura, perché quell’essere che noi siamo, fragile e incompleto, è chiamato ad avere cura della vita con la massima cura. Senza cura – cura del pensare, del sentire e dell’agire – la vita non può essere conservata, non può fiorire e non può essere riparata. Agire con cura significa assumere come principio che orienta l’esserci quello di tenersi con fedeltà al desiderio proprio dell’umano: cercare ciò che rende buona la qualità della vita. Agire con cura significa rispondere alla necessità del bene, significa agire eticamente, ossia fare qualcosa perché si sente che quella è la cosa giusta da fare. Il tempo presente è segnato da un alto grado di incuria e di violenza. Ma la società resiste perché c’è chi sa agire secondo l’etica della cura. Se prendiamo in esame la realtà possiamo vedere quante persone (sanitari, docenti, assistenti sociali, impiegati, amministratori delle istituzioni pubbliche) agiscono secondo l’etica della cura. E quando si agisce secondo l’etica della cura, senza calcolo, accade di provare un piacere etico: è la gioia di sapere di fare il necessario. La parola “gioia” in greco è detta con il termine charis, che indica anche la “gratitudine”.

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17:15

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Cultura


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